IL CERVELLO DA CABLARE di Alberto Lori
20 Giu, 2014
Il cervello vive come un recluso in una scatola. Per scoprire ciò che c’è fuori – dentro e fuori sono in ogni caso termini sbagliati in un sistema olistico – il cervello ha bisogno degli organi di senso e quindi di un modello. Senza un modello il cervello non può accedere al mondo esterno e neppure potrebbe sopravvivere, se non come un vegetale. Qualsiasi correlazione con il mondo esterno deve essere modulata e filtrata dal modello. Le istruzioni determinate dal modello sono il suo limite, ma anche il suo vantaggio. Il modello è un limite, giacché non potrà mai rappresentare l’intera realtà, nel senso che può farcene vedere soltanto una porzione. Spesso, quando si parla, si fa riferimento a una frazione dell’intero, ma poi si finisce per scambiare quella porzione per l’intero, quindi, per scambiare il proprio modello per la realtà. Tuttavia, se riconosco che il mio modello è relativo soltanto a una porzione di realtà e quindi ne accetto la relatività, ciò mi consente di mettermi nelle condizioni di cambiare. Se il modello, il mio sistema operativo, al contrario s’irrigidisce e innalza le sue difese, cambiare prospettiva diventa più difficile. Se i programmi del mio modello mi danno l’impressione di essere aperti e malleabili, posso avere problemi ma anche soluzioni, ma se il mio sistema operativo è rigido, chiuso, significa che la mia realtà è limitata al mio modello senza alcuno sbocco esterno. Se sto male, il problema dov’è? Nel modello. Se sto bene? Nel modello. Ciò vuol dire che nel modello sono previsti sia gli svantaggi sia i vantaggi. Se voglio cambiare i miei svantaggi in vantaggi, devo ovviamente cambiare modello o includere altre prospettive. Sembra naturale farlo, ma non è così perché esistono le resistenze interne. Il modello dipende dalle informazioni dirette e indirette che possediamo. Il nostro limite è che qualunque pensiero esprimiamo è sempre… espressione del modello. Se uso il modello per cambiare modello, dov’è la soluzione? Uso il medesimo modello che ha creato quel problema. Allora com’è possibile uscire dall’impasse? Devo usare altre aree del cervello.
Perché gli etologi studiano il comportamento animale? Studiano le leggi che regolano il rinforzo, lo stimolo risposta per capire come funzionano gli esseri umani. Perché studiano il comportamento di un piccione per capire me? Per dare una spiegazione a quello che faccio e al perché lo faccio. Usiamo talmente spesso aree tanto preistoriche che basta studiare un piccione per capire che cosa farà la gente quando non usa il pensiero cognitivo. Stimolo/ risposta/motivazione sono di pertinenza del cervello primario, quello emotivo. Se mi trovo in uno stato di paura continua, uso quella parte di cervello deputata alla sopravvivenza e non evolvo, più mi proteggo meno cresco. Non uso le attività cognitive superiori.
Anche lo stress blocca l’attività cognitiva. La parte della neocorteccia è tutta da cablare, ecco perché poi diciamo che usiamo il cervello in percentuale minima. Il cambiamento va costruito. Se analizziamo il cervello come tripartito, vediamo che la formazione reticolare ha il controllo su tutto quello che c’è sopra. L’ufficio centrale è rappresentato dal sistema limbico che deve sapere tutto quello che passa per il corpo e deve accettarlo. Al secondo piano c’è il cervello neocorticale, esteso per aree. Mentre il cervello emotivo dei mammiferi è unico, la neocorteccia è divisa in due emisferi, destro e sinistro. C’è un’altra divisione che provoca ulteriori dinamiche conflittuali. L’informazione è palleggiata destra/sinistra, sotto/sopra. L’informazione è scansionata da ciascuna parte secondo il proprio punto di vista. Diventa problematico metterle insieme ed è questa la fase in cui entriamo in confusione.
La parte del cervello che c’interessa è proprio la neocorteccia perché l’altra è già cablata, questa invece la possiamo modificare, direi quasi educare. Il modello ce lo costruiamo noi. Serve allora un meccanismo per agire sul modello e, di conseguenza, cambiare la realtà. Tutte le parti del cervello sono separate, e ognuna di esse ha una funzione specifica. Il lobo frontale è la zona più evoluta. La neocorteccia ha a che fare con l’analisi più sofisticata delle informazioni. Quando le informazioni arrivano in quest’area, però, sono già filtrate, e solo una piccola parte di esse vi arriverà: in fondo è questo il motivo per il quale il modello non potrà essere mai la realtà. Ciò che vi arriva realmente è condizionato sia dai filtri sia dal modello di appartenenza. I sistemi sensoriali stessi sono influenzati dal modello del passato: così, quello che vedrai sarà quello che hai già visto, sperimentato, ciò che vivrai sarà ciò che hai già vissuto in precedenza.
Quando elabori un’informazione, in realtà questa ha già subito una serie di processi, fra cui anche quella dell’accettazione da parte del tuo passato. Quando pensi, in realtà quel pensiero è stato già confrontato con il tuo passato. Quando nasce un pensiero, se è coerente, i filtri lo fanno arrivare alla corteccia superiore, in caso contrario non se lo sognano neppure di farlo arrivare. Da questo punto di vista, l’esperienza personale è un grosso svantaggio energetico: inizialmente ha una funzione positiva, ma poi assume una valenza nevrotica. E questo accade sempre.
ALBERTO LORI
http://www.albertolori.com/
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